giovedì 14 novembre 2019

La lunga storia di un quadro.

Con grande incredulità ieri ho appreso da Repubblica che uno dei dipinti esposti dapprima nel museo della mafia e poi alla 54 Biennale di Venezia e' beatamente appeso nel salone della mamma del numero uno dei latitanti italiani e presunto attuale capomafia. Se da un lato potrebbe far piacere ritrovarsi un dipinto pubblicato su Repubblica la circostanza che si trovasse in quella location ha reso il tutto quanto mai assurdo. L'orgoglio di pensare che la sua mamma apprezza il mio ritratto e la mia pittura si mette da parte davanti al fatto che il mio messaggio artistico e anche la curatela scritta da Sgarbi e Oliviero Toscani che supportavano l'intera mostra siano valse a poco. Il motivo e' da ricondursi alle ragioni che mi hanno spinto a dipingere quella mostra e alle opportunità che poi nel tempo ha trovato: noi volevamo mettere i dipinti in un museo per storicizzarli e renderli parte di un passato e dunque ininfluenti per il presente e futuro degli italiani e invece uno, quello con la corona in testa e' finito proprio a casa sua. La storia di questi dipinti e' lunga... Tutto inizio' oltre dieci anni fa, la mia passione per la pittura e la bellezza mi porto' a dipingere ritratti di divi e top Model che spesso vedevo sia dal vivo che sulle pagine di giornali. Quando nel 2005 venne arrestato Provenzano sui giornali non si parlava d'altro, e visto che io avevo voglia di dipingere e migliorarmi e crescere come artista un collega artista e curatore di una associazione culturale mi propose di realizzare quei ritratti di mafiosi. Visto che se ne trovavano tante di foto sui giornali, dicendomi che il confronto con quel tipo di vissuto poteva essere un motivo di crescita pittorica per me. Mi fornì il materiale e l'associazione ne sarebbe stata proprietaria e io avrei avuto il diritto di decidere dove e come e quando esporli. Quindi dipinsi i ritratti e rimasero chiusi in un magazzino per due anni circa. Poi grazie ad una borsa di Studio andai a studiare pittura a New York. Li mi ritrovai spesso con tanta gente, americani, francesi, tedeschi, che con una certa terribile ammirazione consideravano tutti gli italiani come mafiosi, quasi fosse stato un complimento. Questo mi fece molto riflettere, pensando che c'era qualcosa su cui lavorare, il mio paese non e' solo quello, e' soprattutto bellezza, storia, arte , architettura e poesia e letteratura. Quando a Natale ero sul volo di ritorno a Roma mi capito' di leggere un'intervista a Sgarbi che dichiarava che da sindaco di Salemi avrebbe inaugurato il primo museo della mafia, per storicizzarla e dunque accettarla come parte di un passato di chiudere in un museo come qualcosa di inerte che avrebbe così permesso di trovare lo slancio per guardare ad un futuro di legalità. Da li fu subito chiaro cosa fare: gli inviai le foto degli oltre dieci dipinti di facce di mafiosi già pronti, che subito apprezzo' e con l'aggiunta di qualche soggetto mancante diede vita alla mostra come anteprima del museo della mafia presso il castello normanno di Salemi. Ci fu la conferenza stampa e si chiari con certezza che l'intenzione della mostra era quella di mostrare questo lato così oscuro perché potesse essere parte si della storia ma anche un passo importante per il futuro della Sicilia e dell'Italia intera. L'anno successivo la struttura museale era pronta e in concomitanza di una ricorrenza per la riunificazione d'Italia da parte dei Garibaldini venne inaugurata di nuovo la mostra all'interno del museo , stavolta anche alla presenza del Presidente Giorgio Napolitano , che dopo aver visto quei dipinti li commento' con un 'del resto sono soggetti molto interessanti'. Di li a poco Sgarbi sarebbe diventato il curatore del padiglione italiano alla biennale di Venezia e decise di portare all'interno del padiglione italiano all'arsenale un castelletto della mafia e all'ultimo piano, nella 'cupola' posiziono' sette dei ritratti dei mafiosi, tra cui pure quello di Messina Denaro. Ricevetti ottimi commenti anche dal noto critico Bonito Oliva. E oggi dopo circa otto anni ecco che vedo ricomparire un quadro. Bello , mi manda il link a repubblica mia sorella dall'Inghilterra e scopro che e' appeso nella casa del boss dove vive la mamma. Per un paio d'ore sono rimasta scioccata, poi d'altra parte bisogna accettare che anche i dipinti una volta usciti dalla porta vivono di vita propria.

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